Stampa questa pagina
Mercoledì, 31 Luglio 2019 08:12

Perché partire? Il bilancio di Francesca

#ErasmusPro è il nuovo Erasmus pensato per promuovere esperienze di formazione professionale «di lunga durata». Grazie al progetto di APRO Formazione “WAVES – Sail towards your future”, Francesca, Carmen e Ludovica hanno vissuto il loro #ErasmusPro a Valencia per 6 mesi, da gennaio a luglio 2019.

 

12 gennaio 2019, ore 8.30 circa

Aeroporto di Milano Malpensa

Quando mi stavo imbarcando per Valencia l’unico pensiero che mi ronzava nella testa era: “Fai in modo che fra 6 mesi in quest’aeroporto atterri una nuova Francesca. Sfrutta al massimo questa occasione senza darti limiti e restrizioni. Accogli le cose come ti vengono, senza aspettative, ansie e paure”.

Inutile dire che mi dirigevo al gate con le lacrime agli occhi perché dietro di me stavo lasciando la mia famiglia prima di tutto, le mie abitudini, le mie amicizie, il piccolo paesino di città in cui vivevo e i possibili aiuti: in poche parole le certezze e le cose conosciute. Invece davanti a me avevo la terza città più grande della Spagna, una lingua diversa, persone diverse, un paese con abitudini, costumi, tradizioni e cibo diverso: in generale le cose sconosciute e l’ignoto.

12 gennaio 2019, ore 14.20 circa

Calle Carcagente, Valencia

Il primo momento in cui ho davvero realizzato di aver deciso di vivere in Spagna per i successivi 6 mesi. Si, perché me ne sono accorta dopo che la mia tutor se n’è andata: ho visto concretamente che avevo le chiavi di una casa non mia, non vedevo la mia famiglia in giro per casa, non vedevo dalla mia finestra la stazione ferroviaria di Villafranca d’Asti, il bagno non era solo mio e infine la stanza dove mi trovavo era impersonale e arredata solo con un armadio, una scrivania e un letto (molto più grande di quello di casa mia in Italia, quindi la cosa è stata subito ben accetta hahahaha).

Appena arrivata sono scoppiata a piangere, lacrime di gioia ovviamente, perché non avrei mai pensato di aver avuto il coraggio di fare una cosa del genere, nel frattempo però avevo una gran fame quindi il mio primo pranzo spagnolo è stato con un panino prosciutto, formaggio e lacrime davanti alla finestra a vedere persone spagnole. Finito il panino ho subito cominciato a disfare la valigia perché volevo dare vita a quella camera così spoglia e bianca.

11 luglio 2019, ore 17.00

Virgen de Cortes, Valencia

Malinconia. Felicità. Questi i due sentimenti che provavo quel giorno. A scuola rimane solo un bambino che aspetta la mamma lo venga a prendere. “Creo que ha llegado el momento de que nosotras nos vamos” dico (credo che è arrivato il momento che noi ce ne andiamo). “No, no quiero. No quiero que te vayas” (no, non voglio. Non voglio che te ne vada) dice una maestra.

“Non te ne andare. Ti ospito a casa mia”, “Promettici che tornerai anche solo per una settimana”, “Per noi sei stata una collega, per i bambini un’amica”, “Spero che tutto ti vada per il meglio perché te lo meriti”, “Sappi che in futuro quando tornerai a Valencia, avrai amici e la mia casa dove potrai alloggiare”, sono alcune delle frasi che le maestre mi sussurravano all’orecchio singhiozzando fra un abbraccio e l’altro.

Malinconia perché sapevo che non avrei più rivisto i “miei” bambini, come li chiamavo io, che il giorno dopo non avrei visto le bellezze della città e che non avrei più vissuto là.

Felicità perché sapevo di ritornare a casa, portavo con me in Italia nuovi bellissimi ricordi, nuove episodi e aneddoti da raccontare, nuove abilità e competenze apprese, ma soprattutto portavo con me una nuova Francesca.

22 luglio 2019

Villafranca d’Asti

È una settimana oramai che siamo tornate in Italia, e fra le valigie da sistemare c’è tempo per metabolizzare l’intera esperienza.

Mai e poi mai avrei pensato che un’esperienza del genere potesse cambiarmi tanto sia dal modo di pensare che dal modo di vivere la vita: prima di partire ero una persona che prima di fare qualcosa doveva avere tutto organizzato, doveva conoscere e avere il “controllo” su tutto, anche delle piccole cose, in modo da non essere colta alla sprovvista e farmi trovare impreparata agli imprevisti: per fare un esempio nel concreto, in passato quando uscivo da casa e vedevo una nuvola sospetta portavo con me l’ombrello anche se il meteo non portava pioggia oppure effettivamente non pioveva.

Con questa esperienza ho capito che non è necessario vivere la vita con tutte queste piccole “preoccupazioni” perché per quanto ci possiamo organizzare, gli imprevisti a cui non siamo preparati ci saranno sempre: quindi se mi bagnavo, perché non avevo l’ombrello con me, non succedeva niente di così catastrofico e con phon più asciugamano tutto si sarebbe risolto (magari con l’aggiunta della tachipirina se la pioggia avesse provocato febbre e/o raffreddore hahahah). Ho vissuto in una città sconosciuta, in cui tutto era sconosciuto, ed avevo cose più importanti a cui pensare piuttosto che dare peso alle cose negative che potevano succedere.

Prima di gennaio la sola idea di perdermi per strada, non sapere quale sia la direzione da prendere e non sapere in che strada mi trovassi, mi creava non poca inquietudine: a Valencia ogni sabato sera finiva con me, Carmen e Ludovica che, per tornare a casa, giravamo mezza città perché non sapevamo più in quale cavolo di strada fossimo e quale fosse la direzione per arrivare a casa nostra spagnola (quella che abbiamo considerato tale per metà anno).

Prima di gennaio erano occasionali le volte in cui cenavo dopo le 20.30 di sera: fin dai primi giorni ho capito che se volevo adattarmi alla vita spagnola avrei dovuto assimilare le loro abitudini.

Prima di gennaio mai avrei pensato che avrei iniziato a pensare in un lingua diversa dall’italiano: a lavoro parlavano spagnolo, i miei coinquilini parlavano spagnolo, la gente per strada parlava spagnolo e anche solo per comprare il pane sentivo parlare spagnolo, quindi è inevitabile che pian piano che ti abitui a pensare in base alla lingua che senti parlare intorno a te.

Prima di gennaio facevo fatica a entrare in relazione con persone nuove, non mi avvicinavo a parlare al primo che passava: durante questa esperienza mi sono relazionata con tedeschi, lituani, estoni, peruviani e spagnoli. In più ho instaurato una bella amicizia con Ludovica, la persona con cui ho condiviso questa esperienza: noi tre ogni fine settimana scoprivamo le bellezze della città che ci ospitava, le sere ci raccontavamo come andavano le nostre giornate lavorative, ci indignavamo quando vedevamo le strane abitudini dei coinquilini, ci immaginavamo che aspetto avessero i coinquilini che sarebbero arrivati e cosa più importante ci perdevamo insieme i sabati sera dopo il Voltereta oppure prima di andare a mangiare da Spacca Napoli.

Ringrazio ancora una volta, ma non sarà mai abbastanza, Giulia e Apro Formazione per avermi selezionata e avermi dato la possibilità di poter partecipare a questa esperienza che porterò sempre nel mio cuore e nei miei ricordi.

Ringrazio la mia tutor Aleksandra e tutto lo staff di Esmovia, la nostra agenzia spagnola, che fin dal nostro atterraggio all’aeroporto di Valencia ci ha accolto, è stata attenta alla nostre esigenze, che ad ogni meeting ci consigliava cosa fare nel weekend e che ci informava sulle feste che c’erano.

Ringrazio Eva la nostra insegnante di spagnolo, anzi insegnante lo è stata solo la prima settimana.

Dopo è diventata agenzia del lavoro, ufficio informazioni dell’università spagnola, consigliera di uscite, mama pollito quando uscivamo in Fallas o in San Juan. E’ davvero una persona eccezionale, dolce, sensibile, divertente, anticonformista e sono contenta di aver condiviso anche con lei parte di questa mia avventura.

Ringrazio tutte le maestre di Virgen de Cortes che mi hanno accolto come loro collega, mi hanno insegnato cose nuove, mi hanno voluto bene e mi hanno dato sempre più autonomia e responsabilità nel mio lavoro, cosa che mai nessuno mi aveva dato, come lasciarmi per pochi minuti a gestire da sola una classe di 12/13 bambini di 3 anni.

Ringrazio la mia famiglia che mi ha sostenuto in questa ennesima avventura: nonostante la lontananza sapevo che erano sempre vicino a me per sostenermi ed incitarmi a godere al meglio di questa opportunità. Sono stati i miei primi “fan” che condividevano qualsiasi mia notizia.

Ringrazio le mie compagne di avventura Carmen e Ludovica con cui ho condiviso praticamente l’intera esperienza. Abbiamo passato insieme momenti davvero esilaranti che porterò con me (nel mio album di ricordi hahah)

Infine, ma non meno perché importante, ringrazio me stessa per aver avuto il coraggio di lanciarmi in quest’esperienza, per essermi data la possibilità di viverla, per aver tenuto fede alla promessa che mi ero fatta prima di partire (quella cioè di vivermi al massimo l’Erasmus), per aver imparato a vivere la mia vita con uno stile diverso, per aver avuto voglia di confrontarmi con nazionalità diverse, per non essermi mai persa d’animo o sopraffatta dallo sconforto alle iniziali difficoltà, per aver dato il massimo nel mio lavoro con i bambini e per aver preso seriamente tutto ciò che mi capitava.

A tutti i ragazzi che stanno leggendo questo articolo mi sento di dire una cosa: viaggiate, prendete in mano la vostra vita e lanciatevi nelle cose nuove/sconosciute, magari scoprirete che la vostra felicità è in un posto che non considerate casa!

Un abbraccio caloroso,

Francesca!

Letto 1279 volte

Galleria immagini